Il disprezzo, Nelle tenebre - STAUROPOLIS

Vai ai contenuti

Menu principale:

D'altraParte

bisogna vivere

Rifugio delizioso, inapprezzabile! Fonte soprannaturale di freschezza per un cuore che si torce per l’angoscia e il disgusto! Il disprezzo universale, assoluto, degli uomini e delle cose. Arrivati ad esso, non si soffre più, o almeno si spera di non più soffrire. Non si leggono più i giornali, non si ascoltano più gli schiamazzi del pantano, non si vuole sapere più nulla, nulla desiderare all’infuori della morte. Questo è lo stato di un’anima addolorata che conosce Dio e sa che non vi è niente sulla terra a cui possa appoggiarsi nell’orrore dei nostri giorni.
E’ necessario per questo essere diventati vecchi? Non ne sono sicuro, ma è probabilissimo. Il male è immenso, pensano gli uomini che non hanno oltrepassato i sessant’anni, ma ci sono tuttavia tante cose nel mondo, ed il rimedio non è impossibile. Non ci vogliamo persuadere che tutto è nella rete del maligno cacciatore e che soltanto un angelo di Dio o un essere miracoloso possono liberarci.
La Fede è morta a tal punto che è il caso di domandarsi se abbia mai vissuto, poiché ciò che porta oggi il suo nome è cosa bestiale o fetida a tal punto che il sepolcro sembra le sia da preferire. Quanto alla ragione, è divenuta così povera da farsi mendica per tutte le strade, e così affamata, che l’abbiamo vista pascersi delle sozzure della filosofia tedesca. Non resta allora che il disprezzo, rifugio unico di alcune anime superiori che la democrazia non è riuscita a livellare.
Ecco un uomo che non aspetta più che il martirio. Egli sa con certezza che un giorno dovrà scegliere tra la prostituzione del suo pensiero e i supplizi più orrendi. La sua scelta è fatta. Ma bisogna aspettare, bisogna vivere, e non è facile. Fortunatamente egli ha la preghiera e le lagrime e il tranquillo eremo del disprezzo. Questo eremo è esattamente ai piedi di Dio. Ecco allora quest’uomo distaccato da tutte le concupiscenze e da tutte le paure. Ha tutto abbandonato, come è prescritto, rinunciando finanche alla possibilità di rimpiangere qualche cosa.
Al massimo egli sarebbe tentato di invidiare la morte di coloro che ha perduto e che hanno dato la loro vita terrena, combattendo generosamente. Ma questa stessa fine lo disgusta, da quando è stata così disonorata dagli applausi dei vigliacchi e degli imbecilli.
Ed il resto è orrore. La balordaggine infinita di tutti, quasi senza eccezioni; l’assenza, come mai non si era vista, di ogni superiorità; l’avvilimento inaudito della grande Francia d’un tempo, implorante oggi il soccorso dei popoli, stupiti di non tremare più davanti a lei; e l’inconcepibile infamia degli usurai della carneficina, folla innumerevole di profittatori grandi e piccoli, amministratori superbi e rivenduglioli di bassa forza, che si rimpinzano col sangue delle vittime e s’impinguano con la disperazione degli orfani. Bisogna essere giunti, dopo tante generazioni, a questa vigilia dell’Apocalisse ed esser così divenuti spettatori di un abominio universale che non conobbero i secoli più neri, per sentire l’assoluta impossibilità di una qualunque speranza umana.
Allora Dio, che conosce la miseria delle sue creature, concede misericordiosamente ad alcuni, che ha scelto come suoi testimoni, la grazia suprema di un disprezzo senza confini, in cui niente sussiste al di fuori di Lui stesso nelle sue Tre Persone ineffabili e nei miracoli dei suoi Santi.
Quando il sacerdote eleva il calice per accogliere il sangue del Cristo, l’adoratore immagina il silenzio enorme di tutta la terra atterrita dinanzi all’Atto inesprimibile che vanifica tutti gli altri atti, paragonabili in quel punto a un gesticolare vano nelle tenebre.
L’ingiustizia più orrida e crudele, l’oppressione dei deboli, la persecuzione dei prigionieri, il sacrilegio stesso e lo scatenamento continuo delle lussurie infernali; tutte queste cose, in quel momento, sembrano non esistere più, non avere più senso di fronte all’Atto Unico. Non resta che la fame delle sofferenze e l’effusione delle lagrime meravigliose del grande Amore, anticipo di beatitudine per i discepoli dello Spirito Santo, che hanno fissato la loro dimora nel tabernacolo del reale Disprezzo di tutte le apparenze mondane.

Leon Bloy, Nelle tenebre, Il disprezzo

IL DISPREZZO - LE APPARENZE - LA VOLUTTÀ - L'ATTESA - LA PAURA - IL CUORE DELL'ABISSO - I CIECHI - UN SINGHIOZZO NELLA NOTTE - IL DOLORE - IL CANNONE - IL MIRACOLO - L'ULTIMO GRIDO - LA PUTREFAZIONE - L'AVVENTO INIMMAGINABILE - LA FRONTIERA - IL DISASTRO INTELLETTUALE - UN SOLECISMO - L'INVENTARIO DELLE ANIME - I NUOVI RICCHI - IL CIECO NATO
 
trova
Torna ai contenuti | Torna al menu