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GESU' COME PRASSI
Celebrare la vittoria impossibile.
di Leo di Simone

Mai come oggi avvertiamo la contraddizione tra il nostro modo di essere e il modo di professarci cristiani. C’è una evidente discrasia tra la nostra vita di ogni giorno, plasmata sui modelli della cultura massificata e globalizzata e la professione di fede che trova nell’atto di culto la sua ontologica coerenza. Si tratta del conflitto tra ciò che si chiama “ortodossia” e ciò che dovrebbe conseguirne come “ortoprassi”. Le azioni liturgiche, espressioni simboliche della fede nel Cristo pasquale, atti illustrativi e graziosi di una liberazione avvenuta e pur sempre in itinere, non sembrano esprimere a sufficienza la verità evangelica circa il precetto fondamentale cristiano che è l’amore per il prossimo quale inveramento dell’amore per Dio. Così la chiesa appare frantumata al suo interno da questa contraddizione: voler essere, per un canto, sacramento visibile di Gesù Cristo, mentre, dall’altro, si avverte incapace di corrispondere a tale mandato, per via delle innumerevoli sovrastrutture che per secoli ne hanno impacciato i movimenti. Essa, per un verso, è tutta preoccupata dell’ortodossia, della dottrina, della retta confessione di fede, della coerenza tra le opinioni teologiche come atti pensati in continuità con il depositum fidei, mentre dall’altro è pur consapevole che tale cogitazione si mantiene ad un livello puramente ideologico, culturalmente ideologico potremmo dire, data la concezione occidentale della verità come dottrina, come idea, come fatto pensato, incapace di superare lo scoglio cristico della verità come evento, come prassi che rende quell’evento attuale e scandaloso.

IN SICILIA CI SI PERDE
Viaggio sentiMentale
di Maria Grazia Crescente

In Sicilia ci si perde.
Nella sua bellezza, innanzitutto. Fatta di abbacinante luce, di colori inediti e implacabili quanto la sua calura estiva. Ci si perde nella magnificenza delle opere d’arte, nella sconfinata profondità dei molteplici paesaggi. D’altra parte, già nel 1787, Goethe sosteneva che “l’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto”.
È questo, sicuramente, il dono del viaggio in Sicilia. Inaspettato.


AMARE E' UN'ALTRA COSA
A margine del film "Io prima di te".
di Maria Grazia Crescente

“Io prima di Te”, film presentato in questi giorni nelle sale italiane, come una pellicola di genere romantico/drammatico, racconta la storia d’amore tra Louisa Clark, una ragazza, di modesta estrazione sociale, e Will Traynor, un giovane ricco banchiere, divenuto tetraplegico a causa di un incidente, a cui la donna deve fare da assistente. Il film, discreto prodotto commerciale dalla confezione accattivante, possiede i requisiti della classica commedia romantica, ad iniziare dalla scelta dei due attori protagonisti che, nella caratterizzazione dei personaggi interpretati, sembrano la raffigurazione del “Principe Azzurro” e della “Cenerentola” di turno.
La storia parte dall’iniziale diffidenza/scontro tra i due. Lui, altero e gelido, indifferente e quasi sprezzante, chiuso nella sofferenza della sua disabilità; lei, allegra e ingenua, buffa, nelle sue mise psichedeliche, che tenta, continuamente, di scuoterlo dalla sua rinuncia alla vita. Il loro rapporto si svilupperà, pian piano, verso una relazione di stima e affetto che si trasformerà in amore. Sullo sfondo di tutto questo emergono temi forti, quali la malattia, la disabilità, il dolore, l’eutanasia. Will, alla fine, deciderà che una vita da disabile non è una vera vita e sceglierà di porre fine alla sua esistenza in una clinica svizzera - dove la pratica dell’eutanasia è legalizzata - nonostante il profondo amore che dice di provare per Louisa, che sino alla fine gli resterà accanto, pur non condividendo la sua scelta.

IL ROMANZO DI THOMAS MERTON
Un umanista cristiano nell'era postcristiana.
di Leo di Simone

Il libro, dedicato ai trappisti martiri di Tibhirine, è una biografia del celebre monaco trappista e scrittore di talento che tanto fece parlare di se tra gli anni cinquanta e sessanta.
Nei suoi scritti, di grande finezza intellettuale e spirituale, contestò il sistema culturale del suo tempo ed anche le lentezze della Chiesa che per lui avrebbe dovuto avere il carisma della sentinella.
Pacifista convinto contestò la guerra del Vietnam e ricercò per tutta la vita le radici più profonde della spiritualità cristiana.
Visse la vita monastica come una forma di protesta contro ogni sistema che cerca di narcotizzare l'essere umano e indicò Cristo come unica medicina del risveglio.
Morì in circostanze misteriose a Bangkok, in Tailandia.



L’ingresso del giovane ventiseienne Tom in monastero intese essere in prima battuta una forma radicale di protesta contro il tenore di vita della cultura americana che lo aveva allattato per tanti anni e dalla quale prese le distanze perché ne riconobbe la velenosità. Fu una forma plateale di ribellione nei confronti di una società che disprezzava i valori spirituali. Il monachesimo come forma di ribellione istituzionalizzata, posto volontariamente ai margini della società alla quale ricorda l’esistenza di un ponte verso il trascendente. Una sorta di custode dell’umanità, un archetipo che rammenta una dimensione costitutiva della vita umana. Per dirla con Raimond Panikkar, «questo archetipo è una qualità unica di ciascuna persona, che richiede, e al medesimo tempo rifiuta, l’istituzionalizzazione. […] I grandi monaci hanno sempre provato disgusto quando il monaco diviene una figura ben accetta  nel mondo e riceve la benedizione della società».

Tom era perfettamente conscio di ciò che lasciava fuori dalla porta della Trappa: anzitutto l’idea che aveva di se stesso, l’idea che si era fatta e sviluppata nel quadro della società civile per il conseguimento di quelli che gli sembravano i suoi obiettivi. Certamente, dice, «il mondo non significava per me né i ricchi (io ero povero) né una vita di lusso, certamente non l’ambizione di diventare qualcuno negli affari o in qualcos’altro che non fossero le lettere. Ma significava tutta una serie di servitù che non potevo accettare: servitù a certi valori standard che per me erano idioti e ripugnanti e lo sono tuttora».

OSCULI

Noto nel film Ben Hur (1959) che il protagonista prima di entrare nella sua casa tocca la mezuzzah e porta la mano alla bocca per baciarla.
La cosa mi incuriosisce perchè da queste parti si fa(ceva) la stessa cosa con le immagini sacre.
La spiegazione che mi ero dato aveva a che fare col verbo ad-orare ("parlare verso", poi "pregare") che tra i signignificati dovrebbe comprendere quello di portare la mano alla bocca (ad orem - anche per tacere?).

[...]
Sarebbe interessante, poi, approfondire l'etimologia di "bacio" (dal greco bazo o basko? parlo oppure mormoro), che potrebbe stare per una comunicazione o una iniziazione; come anche quella del latino osculum, diminuitivo di os (bocca), che starebbe per fare la bocca  piccola: in tale contesto, l'Incarnazione del Figlio di Dio potrebbe essere "ricondotta" ad un bacio che abbrevia, raccogliendolo nel tempo e nello spazio, l'ineffabile Verbo creatore. Così l'ero-agapica dell'insufflazione creatrice e quella sul talamo-Croce della Redenzione.
Ai gentili lettori di stauropolis.com la possibilità di scriverne e poi di leggerne su queste pagine.


L'EUROPA E LE SUE RELIGIONI
La confusione dei "monoteismi"
di lds

Un nuovo progetto religioso si ascrive alla vocazione di Berlino, città demolitrice di muri. Sulle pagine de La lettura  del Corriere della sera del 10 luglio u. s., viene ricaldeggiato il progetto, ideato alcuni anni or sono, della costruzione di un mega edificio di culto polivalente, con l’obiettivo  di «far cadere i muri tra le religioni monoteistiche, come s’è fatto cadere il muro di Berlino; abbattere le barriere tra fedi in nome di una religione aperta, tollerante, senza riserve sull’uguaglianza tra uomo e donna, sui diritti degli omosessuali e sul dialogo tra fedi diverse». Ma c’è di più, assicura Marco Ventura autore dell’articolo: «Se il progetto diventerà realtà, non si tratterà dell’unione in preghiera di tre antiche religioni. Sarà invece il segno, l’ennesimo, dell’inizio di una nuova super-religione. Tre in uno, appunto»!
Martin A. Nowak
  se duttilità fa rima con

"Calati juncu ca passa la china": piegati giunco quando il fiume è in piena!
Non sono pochi i saggi che da queste parti consigliano di avere una spina dorsale flessibile - particolarmente idonea a idee genuflesse - o ancora meglio se decalcificata o assente.

  l'ottavo vizio

Non capita tutti i giorni di assistere ai propri funerali.
I miei sono stati così come temevo che fossero: algidi.
Sì, c'era un po' di freddo fuori, ma il gelo era dentro.
Prevaleva il senso di vuoto.

  import-export

Chiese belle, chiese brutte.
Qualcuno domenica sosteneva che è una questione di anima: chi ha il brutto dentro lo esporta fuori.
Il passo poi dall'imbruttimento all'abbrutimento è breve: il panorama esteriore influisce decisamente su quello interiore!

  i mangiaOstie. Ovvero

"Sai - mi disse il navigato prete -, quest'anno, per la festa di san Citremondo, abbiamo distribuito 2mila comunioni, al giorno!". Come a dire, che la festa era riuscita: tanta gente, tante messe, tante comunioni. Dunque, tanto progresso pastorale, tanto cristianesimo, tanta fede.

  l'applauso alla morta


Si applaude solo per manifestare consenso?
In Mesopotamia, un tempo, sembra, si applaudisse durante i riti sacrificali per coprire le grida delle vittime.
In Star Wars - La vendetta dei Sith, Padme afferma "È così che muore la libertà, sotto scroscianti applausi".

  il limone spremuto 2


Anche stamattina l'ho trovato seduto in corridoio, con gli altri "rottamati": il capo chino, smagrito, e lo sguardo perso nel vuoto. I rantoli di una donna scandiscono i minuti, nel muto paesaggio di occhi spenti che fissano il nulla. Tra silenzi taglienti come rasoi e disperati soliloqui.

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