Un singhiozzo nella notte, Nelle tenebre - STAUROPOLIS

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D'altraParte

e tutti gli Angeli del dolore

«Perchè sei triste, anima mia, e perchè mi angosci?».
Io viaggiavo in Normandia o in Bretagna. Il treno scivolava sordamente nella notte opaca, ed infinita era la mia tristezza. Avevo letto il racconto di una di quelle spaventose immolazioni che fanno rassomigliare la Francia ad una fontana di sangue la cui sorgente sembra non si debba seccare. Alcuni fra i miei più cari erano morti ed io pregavo in segreto la Madonna della Compassione e tutti gli Angeli del dolore, di darmi lacrime bastanti per lavare tutti quei poveri corpi abbandonati dalle anime, i quali non avrebbero ottenuto neppure la carità d’una sepoltura.
D’un tratto fu un gran silenzio.
Il treno si fermava in pieno deserto come tante altre volte, certo per lasciar passare un convoglio di feriti o di agonizzanti.
Allora, oh! allora accadde una cosa terribile. Dal seno di quel paesaggio sconosciuto, sepolto nelle tenebre, s’alzò un singhiozzo umano, attraverso cui si rivelava un dolore inesprimibile.
Questo singhiozzo, debole sul principio, e che si sarebbe potuto confondere con il gemito d’un uccello divorato da un rapace notturno, s’aggrandì tosto, precisando una sofferenza umana al suo parossismo.
E non era la sofferenza del corpo, oh no, ma proprio quella dell’anima, la desolazione sconfinata di una madre che ha visto scannare i suoi figli e che nulla al mondo consolerà. Io non saprei dire l’angoscia sgorgante da quel gemito che esalava nel buio e si effondeva per tutta la distesa dell’invisibile contrada.
Non era un lamento articolato, ma, come ho detto, un singhiozzo enorme, convulsivo, risorgente da se stesso nell’attimo in cui moriva, una costernazione diffusa, un lamentevole pianto, che sembrava avere in sé come un’eco universale, e ricordava, forse, quel che gli antichi raccontano del duolo delle donne barbare trascorrenti la notte a piangere sui loro morti. Tuttavia questo ricordo classico, a cui la mia coscienza si rifiutava, era smentito da un non so che di augusto, di cristiano, che soprannaturalizzava il tormento e mi faceva scoppiare il cuore di compassione...
Il treno si rimise in cammino ed io non udii più il terribile lamento.
Erano con me certi compagni di viaggio, ma dormivano profondamente, ed io mi ricordo che ci volle del tempo perchè scoprissi che quel singhiozzo era stato per me solo.
Più tardi attraversai province diverse, l’Orleanese, la Turenna, il Pèrigord, l’Alvernia, i dipartimenti del Mezzogiorno. Dappertutto il prodigio si rinnovò. Dappertutto il medesimo singhiozzo nella notte profonda ed il medesimo profondo torpore nei miei compagni di viaggio. Finalmente compresi che era la grande Francia d’un tempo, che piangeva in me, la povera vecchia madre piangente su tutti suoi figli!

Leon Bloy, Nelle tenebre, Un singhiozzo nella notte

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