Venticinquesimo di presbiterato - STAUROPOLIS

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STORIA DI UNA VOCAZIONE
Tra parentesi

Quante volte i miei maestri di spirito in Seminario cominciavano le loro belle meditazioni, magari enucleate in tre punti, con la cosiddetta composizione del luogo, una sorta di descrizione della scenografia nella quale o rispetto alla quale intendevano collocare la riflessione.
Beh, voglio provarci anch’io, a fare una composizione del luogo ideale in cui intendo muovermi con quanto dirò.
Ora sesta. Gesù arriva al luogo “del Cranio” per essere giustiziato. Scaraventato a terra viene confitto sul legno dell’infamia. Lui e quella Croce vengono saldati insieme, per sempre. Così anche il corpo martoriato del Redentore si protende verso ogni orizzonte e ogni orizzonte - quello umano soprattutto - sembra raccogliersi, ricapitolarsi in Lui.
Poi viene innalzato da terra. Il suo corpo senza abbandonare la dimensione orizzontale - oh, quelle braccia spalancate! - recupera quella verticale: per questo era venuto.
Dio, ora, ha nuovamente e veramente un posto, una tenda per incontrare l’uomo, per parlargli.
Ecco come immagino la vocazione, ogni vocazione: l’incontro di “una” parola che vuol farsi carne, progetto di vita, magari su una Croce, quella Croce, la sua.
Questa parola arriva forse quando meno te lo aspetti, dove non penseresti mai che possa accadere…
E’ così a Gerusalemme.
Sul Calvario ci sono due altari che ricordano il momento della crocifissione e quello successivo dell’innalzamento. Nati per sancire la separazione tra comunità cristiane, ora ci parlano del Figlio unigenito che mentre viene crocifisso - tornando in qualche modo alla mangiatoia, alla greppia, a terra - accoglie in sé ogni uomo prima di offrirsi al Padre.
E’ così a Bethlemme.
Molto tempo fa, per evitare che i non cristiani profanassero la Basilica della Natività del Signore entrandovi con i cavalli - ma anche per fortificarla a causa dei frequenti assedi -l’ingresso fu ridotto al punto che non vi si potè più entrare senza curvarsi. Ora non si può accedere al luogo in cui Dio si è abbassato, senza chinarsi - anche da increduli o proprio perché tali - dinanzi al mistero di questo amore senza fondo.
Dio ancora una volta ha piegato le nostre parole “diaboliche” alla sua parola di comunione.
Quando Dio mi ha parlato, lo ha fatto sempre dalla Croce, sulla Croce: il più delle volte una Croce adagiata a terra, per amor mio.
La croce della mia resistenza e della sua resa; la croce delle mie paure e della sua intraprendenza; la croce delle mie morti e di Lui che è la vita, la vita che cerco e, più ancora, che mi cerca.
Me l’ha piantata dentro, la sua Croce, nell’anima perché ne facessi il fulcro dei miei giorni e non ne passasse uno senza che ogni mio moto non gli fosse riferibile; me l’ha piantata attorno perché in essa trovassi riparo, sostegno, rifugio, un Giardino. Attorno.
La storia della mia vocazione fa “croce”, si incontra con la storia di tante altre vocazioni. quella di mia madre, ad esempio e innanzitutto: dal suo sì dipende significativamente il mio.
Fa croce con quella di persone che hanno scommesso su di me, si sono compromesse con me e per me: padre Nunzio Burgio, mio primo maestro di spirito in Seminario, padre Nicola Salemi, i Vescovi Petralia e Bommarito, e mons. Carmelo Ferraro, in particolare, che mi ha partecipato l’Unzione ministeriale di Cristo Signore.
Anche nella “chiamata” generalmente intesa - la mia, come penso ogni altra - molti aspetti fanno croce: ad esempio la sua dimensione profondamente interiore, personale, inesprimibile, persino incomunicabile si incontra, deve incontrarsi e provarsi di fronte alla sua “naturale”, imprescindibile estroversione, o se vogliamo al suo carattere originalmente “missionario”. Non a caso l’apostolo Paolo ricordava ai cristiani di Corinto che ogni dono - così la vocazione - è come una lettera aperta: viene da Dio, è indirizzata a qualcuno ma a vantaggio di tutti, “per l’utilità comune”.
Il mio “si” viene ad innestarsi su quello di altri e anche altri sì “dipendono” dal mio.
Per questo sono convinto che la storia di una vocazione non possa essere raccontata se non in riferimento a persone e fatti, precisi. Giovanni, quello che Gesù amava, non dimenticherà mai persino l’ora di quell’incontro che l’avrebbe segnato per sempre. E poi la barca per Pietro, il fico per Natanaele, le rive del Giordano per Filippo. “Lo abbiamo trovato!” è il passaparola, il “passapersona” di Andrea per Pietro e di Filippo per Natanaele...
Certo tutti gli incontri sono importanti ma solo alcuni sono decisivi e quello con Gesù l’essenziale. Ma non si può prescindere da questa sorta di stampi, altri ed altro: tanto più che è anche attraverso di essi che il Signore ispira ordinariamente i suoi desideri e ci informa alla sua volontà, ci costruisce, ci modella.
Così è nata e si è sviluppata la mia vocazione alla vita consacrata a Dio e agli altri, la mia vocazione sacerdotale: tra le persone e le cose, grazie a persone e cose.
Per la verità solo ora sto cominciando a capire quanto questa consacrazione a Dio passi attraverso la consacrazione all’uomo, quanto la mia Messa sull’altare sia anche una “messa sul mondo”, il mio mondo.
Su una strada tutta in salita, ho lottato con Dio e contro me stesso, irresistibilmente spinto ed inspiegabilmente in una direzione; ho cercato di capire il senso e la verità di questa che in fondo è chiamata alla felicità, la mia, quella che sola può rendermi felice.
Come il cieco dalla nascita - di cui leggiamo nel Vangelo - non sapevo come e perché, e perché proprio io, ma ne ero certo, ne sono certo forse come mai sarò certo di qualunque altra cosa, come si può essere certi del sole che non riesci a guardare ma che è lì a scaldarti, a illuminarti, ad abbronzarti.
Ci sono delle parole in un canto dei Gen Rosso nelle quali ritrovo i lembi di questa mia esperienza:
“Se un giorno qualcuno mi dicesse che non ci sei,
e con parole chiare e con discorsi seri dimostrasse che non sei stato mai,
forse a quelle prove trovate chissà dove si turberebbe l’anima.
Ma poi pensando anche un solo attimo a cosa sei per me,
a come sei entrato a far parte della vita mia più intima, io non dubiterei
forse non saprei spiegarlo con parole
ma toglierti dal cuore per me vorrebbe dire veder sparire il mondo insieme a te:
tu dai senso alla mia vita, tu tutto sei per me:
non si può mentire al cuore quando sente la tua voce nell’amore;
sei più vero della luce, più reale di ogni cosa sei per me”.
Quel “giorno”, il giorno del “se...” non mi sta davanti ma è trascorso, trascorre; quel qualcuno non è necessariamente uno fuori di me, potrei essere io, sono stato io...
Ci vogliono molte parole per “dimostrare”, per “provare” ma poi basta “un solo attimo” perché tutto si infranga, si dissolva di fronte alla più inintaccabile delle certezze, per credere che quello che ti si era presentato come tutto è niente e quello che ha la debolezza e l’apparente inconsistenza del “niente” è Tutto!
Infine, c’è quel “per me” che esprime la soggettività più feconda, l’affermazione più profonda della propria originale individualità. In quella soggettività, - come direbbe Kierkegaard - ci sono io e c’è Dio!
Con l’inquietudine, compagna di sempre, “sposa” che non ho scelto ma che non tradirei per nulla al mondo, che mai lascerei sola per un attimo, ho cercato - e fosse finita! - di percorrere il cammino che porta “dentro”: dentro le certezze per rivelarne le incongruenze, dentro i dubbi per coglierne la profonda aspirazione all’assoluto; il cammino che porta dentro le cose, le persone, me stesso, dentro Dio.
Ma la storia della mia vocazione, non mi sta alle spalle, è una storia che continua anche dopo quel 29 giugno 1991, il giorno della s. Ordinazione: ogni giorno Lui mi chiama: ad essere quello che sono e anche ad essere “altro”.

p. Giovanni Scordino 1997



















































Balaam e l'asina
Portone di bronzo, San Zeno - Verona




E ti segnò per sempre
sfraghis di fuoco impalpabile
carattere indelebile sulle labbra
del tuo cuore
tizzone ardente a crogiolare
ogni tuo ardire
di lingua carismata
a smorzare ogni fremito delle mani
rese intoccabili dal fluido profumo
esigente
geloso
esclusivo
pungente
che un solo corpo di fatto
possono toccare senza peccare
senza morire
d’un solo sangue aspergersi
senza lordarsi
a detta d’altre mani
tante
a imprimerti sul capo l’incosciente bruciore.

E ti fu dato in dono l’orizzonte
del giardino orientale senza occidenti
e i suoi due ulivi
dalle foglie perenni e martoriate
sempre
vermiglie per lama e legno inverso
a proteggerti come abbraccio d’amante
dal sole altissimo che visita e consuma
e tu non puoi fissare senza svanire
a cui non puoi scaldarti senza svenire.

Ti fu promesso amore
come lo promettesti
senza sapere come
e quando e quanto amarlo
negli occhi puri di fanciulla straniera
e interroganti di pellegrino muto
o d’amico smarrito nel suo stesso guardare
incontrato alla croce
delle strade in ricerca
dell’unica che conduce alla vita.

Ora siedi sul monte del tempo
che si fa più impaziente
sulla tua sedia d’attesa
unico ornamento al prato che tagli con fatica
e orgoglio quasi straniato
quale trono più prezioso nel veniente regno
all’ombra dei mandati che ti accolsero
sotto ali taglienti e mani tese
fermo sul tuo cammino
mentre altri ti cinge reni perplesse
e un vento inquietante
gonfiando i tuoi sudati lini come vele
a celesti parati
ti conduce
dove tu non vuoi
a ricevere il Cristo dentro la notte
più chiara del giorno
solo se vuoi
immergere il tuo volto
nelle sue mani bucate.


Ri (per) correndo
A Giovanni Scordino detto Staurofilo
(in verità, bisogna riconoscerlo, Stauroforo)
nel giorno del suo 25° anniversario di ordinazione presbiterale.
29 giugno 2016.



Carme anniversario (pdf)


TEOLOGIA dell'ASINELLO di DIO
Elementi (cfr: http://opusdei.it/it-it/article/escriva-e-la-teologia-dellasinello/)

"…troverete un asinello legato... Scioglietelo e conducetelo.
E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo? rispondete: Il Signore ne ha bisogno..."
Mc 11,1-10


Dagli scritti di San Josemaria Escrivà de Balaguer:

Quando si avvicina il momento della Passione e Gesù vuole manifestare in modo espressivo la sua regalità, entra trionfalmente in Gerusalemme: cavalcando un asinello! Era scritto che il Messia doveva essere un re di umiltà: Esulta grandemente figlia di Sion, giubila figlia di Gerusalemme! Ecco a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina [Mt 21, 5].
Amici di Dio, 103

Non so voi, ma io non mi sento umiliato nel riconoscermi, davanti al Signore, come un asinello. Ut iumentum factus sum apud te, sono come un asinello davanti a te, et ego semper tecum, Tu stai sempre con me. Questo è avere presenza di Dio. Tenuisti manum dexteram meam, gli dico spesso: mi hai preso per la cavezza, et in voluntate tua deduxisti me, e mi hai fatto compiere la tua volontà, cioè mi hai fatto essere fedele alla mia vocazione. Et cum gloria suscepisti me, e alla fine mi abbraccerai con forza.
Tertulia con San Josemaría, 12-IV-1971

Ecce ego quia vocasti me!, eccomi perché mi hai chiamato, ut iumentum!, come un asinello fedele che non vuole allontanarsi dal tuo fianco.
Lettera, 15-X-1948, n. 8

Oggi nella mia orazione mi sono confermato nel proposito di farmi santo. So che ci riuscirò: non perché sia sicuro di me stesso, Gesù, ma perché... sono sicuro di Te. Poi ho considerato che sono un asinello rognoso. E ho chiesto - chiedo- al Signore che guarisca la rogna delle mie miserie con la soave pomata del suo Amore: che l'Amore sia un cauterio che bruci tutte le croste e ripulisca tutta la rogna della mia anima: che io vomiti il mucchio di spazzatura che c'è dentro di me. Poi, ho deciso di essere un asinello, ma non rognoso. Sono il tuo asinello, Gesù, che non ha più la rogna. Dico così perché tu mi ripulisca, poiché non mi lascerai mentire... E del tuo asinello, Bambino Gesù, fa’ quello che vuoi: come i bambini discoli della terra, tirami le orecchie, frusta forte questo asinaccio, fallo correre quanto ti piace... Voglio essere il tuo asinello, paziente, lavoratore, fedele... Fa’ che il tuo asinello, Signore, domini la sua povera sensualità di asino, che non risponda recalcitrando allo sprone, che porti con piacere il carico, che il suo pensiero e il suo raglio e il suo lavoro siano impregnati del tuo Amore, tutto per Amore!
Appunti intimi, n. 313

Gesù, poiché sono il tuo asinello, dammi la cocciutaggine e la fortezza dell'asino per compiere la tua amabile Volontà.
Appunti intimi, n. 596

Signore, il tuo asinello vuol meritare di essere chiamato colui che ama la Volontà di Dio.
Appunti intimi, n. 711

Stamane, come d'abitudine, quando stavo per uscire dal Convento di Santa Isabel, mi sono avvicinato un istante al Tabernacolo, per accomiatarmi da Gesù dicendogli: Gesù, qui c’è il tuo asinello... Vedi Tu che cosa fare con il tuo asinello... E intesi immediatamente, senza parole: "Un asinello fu il mio trono a Gerusalemme". Questo fu il concetto che compresi, con assoluta chiarezza.
Appunti intimi, n. 543

O Gesù: aiutami, perché il tuo asinello sia completamente generoso. Opere, opere!
Appunti intimi, n. 606

Madre mia, Signora mia, Tu sai bene di che cosa ho bisogno. Prima di tutto, dolore d'Amore: con le lacrime?... Anche senza lacrime ma che mi dolga davvero, perché dobbiamo ripulire per bene l'anima dell'asinello di Gesù. Ut iumentum!...Oh!, Voglio servirgli da trono per un trionfo più grande di quello di Gerusalemme… perché non ci sarà Giuda, né orto degli Ulivi, né notte oscura… Faremo in modo che il mondo arda nelle fiamme del fuoco che sei venuto a portare sulla terra!… E la luce della tua verità, Gesù nostro, illuminerà le intelligenze in un giorno senza fine.
Appunti intimi, n. 1741

Benedetta e feconda perseveranza del mansueto asinello di noria!, nascosto, ignorato e con il passo umile: sempre lo stesso, monotono giro. E non vuole neppure sapere che il suo sudore si trasforma nel profumo dei fiori, nel gustoso sapore del frutto maturo, nella fresca ombra estiva delle piante: è lui che produce tutto il rigoglio dell'orto e ogni meraviglia del giardino.
Istruzione, 9-I-1935, nn. 220 e 221

Mi piace l'asinello perché è un animale paziente e laborioso, robusto e austero, perché è umile. Ma soprattutto, perché lavora: perché sa perseverare giorno dopo giorno facendo ruotare la noria, per tirare su l'acqua che farà fiorire l'orto. Tutto gli va bene, perfino le botte. Lavora senza fermarsi un momento, e si accontenta di una manciata di paglia o di erba.
Lettera, 15-X-1948, n. 11

La vita cristiana non va mai ridotta a un opprimente intrico di doveri, che sottopone l'anima a un'esasperata tensione; si modella sulle circostanze personali come il guanto sulla mano, e richiede che nelle nostre occupazioni abituali, grandi o piccole che siano, per mezzo dell'orazione e della mortificazione, non si perda mai il punto di mira soprannaturale. Ricordate che Dio ama appassionatamente le sue creature, e come potrà l'asinello lavorare se non gli si dà da mangiare, se non può disporre di un po' di tempo per ritemprare le forze, o se si spezza il suo vigore con troppe bastonate? Il tuo corpo è come un asinello — e un asinello è stato il trono di Dio nell'ingresso a Gerusalemme — che ti porta in groppa per i cammini divini della terra: bisogna moderarlo perché non ci porti fuori del sentiero di Dio, e incoraggiarlo perché il suo trotto abbia tutta l'allegria e tutto il brio di cui un giumento è capace.
Amici di Dio, 137



Altro:

Dal mansueto giumento, impara a portare Cristo:
impara a stare al di sotto di Cristo,
perché tu possa stare al di sopra del mondo!
(S. Ambrogio?)

Noi tutti cristiani, scrive Ambrogio, siamo gli asinelli del Signore, lieti perché portiamo i suoi misteri.
S. Ambrogio

Beato chi semina sopra ogni acqua dove calpestano bue e asino» (Isaia 32,20). Beato è colui che semina con le parole delle Scritture sia del Vecchio che del Nuovo Testamento; e calpesta le acque della lettera che uccide, per mietere il frutto dello Spirito che vivifica (2 Corinzi 3,6). Secondo l'interpretazione spirituale il bue si riferisce a Israele, che ha portato il giogo della Legge ed è un animale mondo. L'asino, carico del peso dei peccati, si intende come il popolo delle genti cui diceva il Signore: «Venite a me, voi tutti che siete travagliati e oppressi, ed io vi ristorerò» (Matteo 11,28).
Girolamo, Commento al profeta Isaia

Possedere asine vuol dire regolare i pensieri semplici dentro di noi: è vero che non sono capaci di correre con sottile intelligenza ma, quanto più camminano quasi con pigrizia, tanto più portano i pesi dei fratelli con mansuetudine. E difatti ci sono alcuni che non capiscono le cose elevate, ma si abbassano umilmente ai lavori manuali della vita quotidiana. Nelle asine, dunque, animale pigro sì, ma dedito a portare pesi, bene intendiamo i pensieri semplici, perché se riconosciamo la nostra ignoranza, più facilmente sopportiamo i pesi degli altri.
Gregorio Magno, Commento a Giobbe

Asinello mio, farò in modo che non recalcitri, non ti nutrirò di orzo, ma di paglia, ti sfinirò con la fame e con la sete, ti caricherò di un grave peso, ti metterò alla prova col caldo e col freddo, per farti pensare al cibo più che alla lussuria». Così l'asceta si rivolgeva al suo corpo, in preda ai turbamenti della carne.
Girolamo, Vita di Ilarione



Sacra Scrittura:

Gen 16,12
Egli sarà come un asino selvatico;
la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui,
e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli.

Gen 49,14
Ìssacar è un asino robusto, accovacciato tra un doppio recinto.

Es 23,5
Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico.

Dt 22,4
Se vedi l'asino di tuo fratello o il suo bue caduto lungo la strada, non fingerai di non averli scorti, ma insieme con lui li farai rialzare.

Gdc 15,15
Trovò allora una mascella d'asino ancora fresca, stese la mano, l'afferrò e uccise con essa mille uomini.

Gdc 15,16
Sansone disse:
«Con una mascella d'asino,
li ho ben macellati!
Con una mascella d'asino,
ho colpito mille uomini!».

Gb 6,5
Raglia forse l'asino selvatico con l'erba davanti
o muggisce il bue sopra il suo foraggio?

Is 1,3
Il bue conosce il suo proprietario
e l'asino la greppia del suo padrone,
ma Israele non conosce,
il mio popolo non comprende.

Ger 14,6
Gli ònagri si fermano sui luoghi elevati e aspirano l'aria come sciacalli;
i loro occhi languiscono, perché non si trovano erbaggi.

Dn 5,21
Fu cacciato dal consorzio umano e il suo cuore divenne simile a quello delle bestie; la sua dimora fu con gli ònagri e mangiò l'erba come i buoi; il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, finché riconobbe che il Dio altissimo domina sul regno degli uomini, sul quale innalza chi gli piace.

Zc 9,9
Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina.

Mt 21,2
Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un'asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me.

Mt 21,5
Dite alla figlia di Sion:
Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina
e su un puledro, figlio di una bestia da soma.

Mt 21,7
Condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere.

Mc 11,2
Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui.

Mc 11,4
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono.

Mc 11,5
Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?».

Mc 11,7
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra.

Lc 19,30
Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui.

Lc 19,33
Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?».

Lc 19,35
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.

Gv 12,15
Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto su un puledro d'asina.
 
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